Cantori Gregoriani

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"MATER DOMINI"
La figura di Maria nel canto gregoriano


Sin dagli inizi della Chiesa Maria è stata al centro dell’attenzione dei credenti: a lei guardavano i discepoli del Signore, smarriti dopo l’ora delle tenebre del Calvario e storditi dalla luce sfolgorante della Pasqua di risurrezione; a lei hanno fatto riferimento i convertiti dall’ebraismo che vedevano concretizzarsi nella storia non solo il Messia, ma anche la figlia di Sion; lei pregavano le comunità alessandrine quale vera madre di Dio annunciata ai padri dell’antico Egitto nella figura di Iside.
Tutta la cultura della tarda antichità cristiana canta la gloria di Maria concentrando in essa speranze e sogni, ricuperando nostalgie e promesse, in un intreccio non sempre chiaro tra proposizioni teologiche ortodosse e immagini evocate dal paganesimo e dalla superstizione, accavallando talora strati eterogenei che, al di là della loro pertinenza e oggettività, rivelano comunque un appassionato entusiasmo e un caloroso amore filiale per colei che la Chiesa riconosce essere sua madre.
In questo clima è ben comprensibile il fiorire esuberante della letteratura mariale, soprattutto in campo poetico e musicale. Tipico è l’inno "Ave, maris stella" – un tempo attribuito a Venanzio Fortunato – con il suo travolgente susseguirsi di immagini evocative che ricordano i pericoli della vita, ma aprono il cuore alla certezza che in Maria, nell’accogliere l’ave dell’angelo, si è capovolto il destino umano gravemente ipotecato da Eva. Non fa poi meraviglia affrontare in questo stesso programma varie pagine del salmo 44 (45) che con la sua riflessione sulla salvezza e la tematica esplicitamente femminile. Ben cinque brani sono altrettante variazioni teologiche e musicali sulla funzione corredentrice di Maria, attenta uditrice della Parola che in lei prende vita e opera costantemente impregnandola di una bellezza che ovunque diffonde un nuovo senso dell’esistenza umana.
Quanto di originale una sola e identica Parola salmica possa suscitare a ogni rilettura lo mostrano le due versioni dello stesso testo ("Diffusa est gratia") utilizzato ora come semplice antifona di comunione, ora come responsorio offertoriale in cui l’ampiezza del vocalizzo su "saeculum speculi" sembra voler dilatare lo spazio storico e immergere i benedetti da Dio – con a capo Maria – nell’eternità del Creatore. E’ già un anticipo della prospettiva escatologica cantata dal visionario dell’Apocalisse di cui si possono ascoltare alcune affermazioni particolarmente incisive nella successiva lectio.
Destino di piena contrarietà, quello di Maria di Nazareth, che segue da vicino quello del Figlio senza ritirarsi dalla prova della Croce. Ed è il destino della Chiesa gioiosa e sofferente insieme che si riflette, ad esempio, nelle due sequenze "Ave mundi spes Maria" e la più nota "Stabat mater dolorosa" che accompagna ancora oggi le pie meditazioni della via Crucis. E nel mondo più vasto della devozione popolare da sempre viene riconosciuta piena cittadinanza agli ultimi due canti mariani, le antifone "Alma redemptoris mater" e "Salve regina", che da secoli concludono ogni giorno la preghiera liturgica della Chiesa al termine della compieta.