Cantori Gregoriani

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"OFFERTORIUM"
La Parola come "offerta musicale" fra stili e forme gregoriane

Il canto gregoriano, nella comprensione della Chiesa, è Parola di Dio in forma sonora. La Chiesa stessa, dichiarandolo "canto proprio della liturgia romana" (SC 116), ne ha definito una qualità ecclesiale, assegnandone una categoria di giudizio che trascende la pura dimensione artistica.: la Chiesa, in sostanza, ne rivendica la proprietà. Deve far riflettere questo "spingersi oltre" della Chiesa: su ciò che a noi si presenta come un repertorio musicale, un prodotto artistico seppure di enormi dimensioni, essa si preoccupa di porre con fermezza il suo sigillo. La Chiesa non si è mai identificata in un’opera d’arte, in una pagina di musica, in uno stile architettonico: la sua tradizione è frutto della incessante relazione con la cultura di ogni tempo, ma senza l’identificazione esclusiva con nessuna forma particolare. Eppure, sul canto gregoriano la Chiesa si è in qualche modo "sbilanciata", superando nettamente una pura logica di tipo artistico-culturale, insufficiente a definire la qualità di una relazione evidentemente anomala. La chiave di lettura di questa apparente anomalia sta proprio nel rapporto fondativo fra Parola di Dio e Chiesa. "Sua" è l’interpretazione della Sacra Scrittura: un’interpretazione, un’esegesi, una comprensione che trova suono e comunicazione nel canto gregoriano attraverso forme e stili musicali che, a loro volta, identificano contesti liturgici precisi. Ed è precisamente la connotazione liturgica che sta alla base di una ricca diversificazione musicale nella composizione di un repertorio tanto vario quanto sconfinato. Il presente programma attraversa larga parte delle svariate forme espressive di cui si nutre l’antica monodia medievale: dalla cantillazione delle lectio alle antifone sillabiche, dagli inni alle forme responsoriali, dalle sequenze alle forme tropate dei canti di introito. Ma il "filo rosso" dell’intero programma è costituito dagli offertori, qui proposti senza i versetti solistici, anticamente previsti . Si tratta di composizioni "appariscenti", che si distinguono essenzialmente per l’esuberanza musicale. Lo stile ornato è la loro cifra espressiva: un virtuosismo compositivo ed esecutivo in gran parte libero da logiche strettamente formulari – che regolano invece i canti fra le letture (graduale, tractus, alleluia) – che disegna melodie originali di straordinaria ricchezza e di espressività giocata fino ai limiti estremi dell’ornamentazione e dell’invenzione. Una "risposta" alla Parola che si fa vera "offerta" e che, come tale, intende presentare il meglio delle sue peculiarità espressive.